Attualità (20-07-2014)

COMUNITA’ CRISTIANA “PICCOLO GREGGE”

Alcuni cristiani leggono i cambiamenti in atto nella vita della chiesa con angoscia e negatività. La diminuzione del numero dei partecipanti alle celebrazioni, l’allontanamento dei giovani, il disinteresse delle famiglie al cammino di fede dei figli, l’impossibilità di dare alle feste lo splendore di un tempo… vengono guardate con preoccupazione e aumenta lo scoraggiamento. Potrebbe avvenire che coloro che restano dentro si uniscano fortemente per combattere il mondo cattivo che sta fuori. Vanno in questa direzione alcune scelte di parrocchie che ritornano alle devozioni più tradizionali, spesso sostenute proprio da chi fa poco vita di comunità e si rende presente solo in queste occasioni. Si punta tutto sulla conservazione a oltranza di ciò che c’è, perché si pensa il buono è ciò che c’è sempre stato. Una parrocchia così impostata comunica un’immagine di chiesa più contro il mondo che nel mondo. La fede sarebbe un patrimonio da difendere più che un messaggio di gioia (vangelo) da comunicare. Qualche volta è questo il messaggio che si comunica anche ai fanciulli nella catechesi.
La parola DI Dio, già nell’Antico Testamento, ci dice che la fede non ha bisogno di essere totalitaria per esistere, ma anzi sperimenta nel tempo che è proprio nella sua minorità, nel suo essere minoranza, che essa vive, e, quando si ribella a questa condizione essa sperimenta il suo pervertimento.
Il ritorno che si sta profilando della chiesa a uno stato di minoranza non è una catastrofe, ma un ritorno a uno stato originario che affonda le sue radici anche nella tradizione ebraica. Per cui si potrebbe concludere che la chiesa non è avviata verso la propria morte, ma sta ritornando a vivere.
Qualcuno vede in queste considerazioni una forma nobile di autoconsolazione. Può darsi. Ma la chiesa si deve sempre consolare, nel senso che deve cercare di giustificare le scelte che, in un certo periodo della sua storia, è costretta e portata a fare.
E’ importante che le considerazioni che si fanno, il faticosissimo passaggio in atto debbano tener viva una forte tensione verso le radici evangeliche. Un segno positivo che va rilevato è che le comunità in trasformazione sono animate da una crescente attenzione alla parola di Dio che è insieme causa e conseguenza della trasformazione stessa. La parola di Dio sta tornando al centro e segna in vari modi le molte discussioni in atto. E’ positivo che i cambiamenti e la parola di Dio camminino insieme. Questo dovrebbe aiutare le comunità a non strappare gli ormeggi e, insieme, a non smarrirsi se alcune rassicuranti certezze sono finite. Esistono esperienze diverse di un diverso cristianesimo che, molte volte, va nella direzione di un recupero di semplicità, di autenticità, di spirito evangelico.
“Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno” (Lc 12,32). La frase si trova in Luca e in un contesto interessate. Gesù ha appena raccontato la parabola del ricco insensato. Poi ha applicato ai discepoli alcuni insegnamenti che nascono come una logica conseguenza di quella parabola. Li invita a guardare ai corvi e ai gigli per giungere a non preoccuparsi di ciò che è necessario per vivere. Poi li esorta a cercare il Regno di Dio. Dopo di che “tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12,32). Infine, l’invito: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”. Il Regno che è stato dato ai discepoli discende dalla condiscendenza divina. La grandezza del Regno e l’immensità della condiscendenza che ce lo consegna ci fa accettare la piccolezza del gregge a cui apparteniamo. Le due cose, dunque, non sono in contraddizione. Proprio perché la condiscendenza è grande, il gregge è piccolo. Ed è piccolo anche quando a sé e agli altri appare grande. Tanto più è in sintonia con quella sproporzione quando esso sta diventando effettivamente piccolo o, comunque, meno grande di un tempo.
In effetti, nei “giorni dell’”onnipotenza” il Regno si riteneva coincidesse con la chiesa, per cui la grandezza e la forza (anche temporale e politica) di questa si pensava fossero la necessaria manifestazione di quello. Nei tempi della minorità della chiesa, il Regno ci precede sempre, è sempre più grande di tutte le nostre chiese e della Chiesa (vedi le parabole del granello di senape e del lievito nella pasta del vangelo di oggi). Non abbiamo paura di parlare della sua grandezza come non abbiamo nessuna vergogna a parlare della nostra piccolezza. L’importante è non dimenticare mai che è Dio che ci gratifica della sua benevolenza, sostiene le nostre fatiche e fonda le nostre speranze.

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