X domenica del t.o. anno c – GESU’ E’ “SIGNORE” E “SALVATORE”
Da quale esperienza ha origine questo riconoscimento nella prassi dei cristiani di tutti i tempi? La risposta è quasi scontata: Gesù viene riconosciuto tale in forza della sua risurrezione ad opera di Dio. E’ infatti nella sua risurrezione che egli è stato rivelato come “uguale a Dio” e dunque come nostro “salvatore”.
Nella morte e risurrezione di Gesù giunge a compimento la sua “incarnazione”: il Figlio, divenuto pienamente uomo, viene ora rivelato nella sua gloria, e proprio come tale apre all’umanità la prospettiva della salvezza.
Credere al Risorto significa, allora, prendere sul serio, anche per la vita presente, la liberazione dal peccato e dalla morte, che egli ha portato all’umanità. Il racconto evangelico che la liturgia di oggi proclama ci orienta a camminare nella fede.
Per il vangelo di Luca la risurrezione del figlio della vedova di Nain è un segno della presenza messianica di Gesù. Tuo figlio vive!, dice Gesù alla vedova nella sua afflizione. E Luca annota il motivo del suo agire: “Il Signore ne ebbe compassione”.
Per questa ragione articola narrativamente il racconto del “miracolo” in parallelo con il racconto della prima lettura che riguarda Elia e il richiamo alla vita di un altro figlio di donna vedova. In entrambi i casi è evidente il messaggio: Dio agisce nella storia per creare vita, e la vita in Dio è il presente e il futuro di ogni essere umano. Il vangelo dunque apre alla vita terrena un orizzonte di speranza oltre ogni limite. Tale passaggio dell’uomo in Dio coinvolge tutta la sua storia umana: nella prospettiva credente, essa non è in balia di un caso anonimo, ma è posta sotto lo sguardo misericordioso di un Padre.
Questo è anche il vangelo di Paolo, riproposto oggi dalla seconda lettura: egli annuncia ciò che ha “veduto” e vissuto in prima persona. L’esperienza dell’incontro con il Risorto è alla radice della sua vocazione e della sua missione.
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