Vangelo della domenica (16-11-2014)

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
IL RISCHIO DELLA RESPONSABILITA’

La prima lettura di oggi ci presenta un brano del libro dei Proverbi, testimonianza dell’antica sapienza di Israele, nel quale vengono decantate le doti della “donna perfetta”. Essa è immagine della chiesa, dedita alla cura dei propri figli, rinati dall’acqua del battesimo: essa è chiamata a dare “felicità e non dispiacere” al proprio sposo-Cristo, apre con amore “le sue palme al misero e stende la mano al povero”. Bello anche l’invito a esserle “riconoscenti per il frutto delle sue mani”: appartenere alla chiesa è dono da accogliere con gioia e riconoscenza. Ciascuno di noi, pensando alla propria vita di fede, troverà sicuramente motivo di rendere grazie a Dio per i doni ricevuti nella comunità cristiana in cui è cresciuto.
L’auspicio finale—”e le sue opere la lodino alle porte della città—richiama la prima comunità cristiana che godeva del favore di tutto il popolo per la sua testimonianza di vita fraterna.
La parabola dei talenti (vangelo) punta sulla descrizione della paura del servo “malvagio e pigro”. Il padrone affida ai tre servi i talenti da trafficare come segno della fiducia che nutre nei loro confronti.
Il terzo servo pensa che il suo signore sia un “uomo duro, che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso”. Insinua, cioè, che il padrone agisca abitualmente per avidità e cerchi un ingiusto guadagno sfruttando il lavoro altrui. Se queste sono le ragioni del padrone, allora si spiega la paura del servo, che pensa e agisce nella logica della prestazione e la paura di un fallimento è dunque comprensibile.
Solo capovolgendo questa logica la paura può essere vinta. Se è vero che ogni attesa porta con sé una parte di ansia e preoccupazione, è vero anche che l’attesa può essere motivo di speranza e di cambiamento. Le stesse parole del servo in bocca al padrone acquistano un senso diverso. Non indicano una volontà predatoria che esige delle prestazioni, ma denota fiducia, la quale esige responsabilità e iniziativa personale. Il premio che i primi due servi fedeli ricevono è addirittura il possesso dei talenti ricevuti e del ricavato dei loro traffici, e in più il talento non trafficato. Ma c’è di più: il premio non è commisurato alle opere, ma è sovrabbondante e senza misura : “Prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
La paura di cui parla il vangelo non è uno stato emotivo della psicologia umana, ma si tratta della condizione dell’uomo soggetto a tutte quelle spinte regressive che gli derivano dall’essere centrato su se stesso, dal suo delirio di onnipotenza che si scontra inevitabilmente con il delirio altrui e con i propri limiti mai riconosciuti. Già nelle prime pagine la Scrittura descrive l’essere umano (maschio e femmina) che cede alla “tentazione” di superare i propri limiti, cioè il rifiuto di accettare l’alterità di Dio, l’alterità del genere e della natura. Dal momento in cui l’essere umano si vuol porre al posto di Dio, si accorge di essere nudo, e ne prova vergogna dinanzi al suo simile e di fronte a Dio.
Solo l’amore di Dio vince la paura, e fa sì che non si provi più vergogna di fronte al prossimo. Se nella condizione di “caduta” ogni differenza, ogni alterità genera paura e atteggiamenti di difesa e di violenza, nella logica della redenzione, cioè della riconciliazione con Dio, le differenze diventano occasione di comunione. L’amore di Dio vince la paura degli uomini e restituisce loro la capacità di amare e di accogliere l’amore.

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