E’ Domenica (26-04-2020) IIIa Domenica di Pasqua

MOSTRACI LA VIA DELLA VITA

Tutte e tre le letture ci presentano oggi la risurrezione di Gesù, per aiutarci a comprendere in maniera adeguata l’evento di Cristo.
Nella prima lettura Pietro comunica ai fratelli ebrei che quanto avvenuto a Gesù di Nazaret è stato prestabilito da Dio stesso, ricordando i dettagli più importanti della sua vita. Chiamando in causa il patriarca Davide, l’apostolo rende dunque concreta questa prescienza divina, affermando che proprio il re fu profeta in relazione allo stesso Gesù.
La seconda lettura sottolinea l’importanza della fede, ora possibile per mezzo della morte di Cristo. E’ infatti grazie al sangue prezioso di questi, agnello senza macchia né difetti, che gli uomini possono credere in Dio e quindi sperare rivolgendosi al Padre, il quale ha mostrato con la morte del Figlio, il suo eterno amore per l’uomo, amore che richiede la responsabilità di vivere nel timore di Dio, mentre ancora si vive questa vita terrena.
Il vangelo mostra in maniera concreta come la risurrezione di Gesù sia per l’uomo di ogni tempo un’esperienza viva e feconda: avvenuto una volta per tutte, il risorgere per Cristo offre la possibilità ad ogni uomo di poter interpretare e comprendere in modo sempre più adeguato e opportuno la realtà ultima della vita. Sempre e soltanto se egli si rende disponibile a porsi sulla linea del pensiero di Dio.

COMMENTO AL VANGELO

Dopo l’episodio della conversione di Tommaso, ascoltato domenica scorsa, nella III Domenica di Pasqua il brano del Vangelo ci propone un’altra esperienza di conversione, quella dei discepoli di Emmaus. I due se ne stanno andando da Gerusalemme e appaiono sconsolati di fronte alla morte di Gesù. Essi credevano che avrebbe liberato Israele e, dopo aver visto la sua crocifissione, vedono crollare le loro speranze. Non guardano, però, agli eventi accaduti con gli occhi della fede e infatti, quando Gesù si avvicina loro, non lo riconoscono; l’evangelista Luca ci dice addirittura che “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Gesù, allora, camminando al loro fianco, inizia a spiegare ai due discepoli le Scritture, mettendo in evidenza come esse si siano compiute in Cristo. La Parola di Dio fornisce, infatti, una chiave di lettura diversa degli eventi, rispetto a quella dei due discepoli, che si attengono solo alla “cronaca”, per così dire, senza andare più a fondo. Benché la spiegazione di Gesù scaldi i loro cuori, come diranno in seguito, i discepoli ancora non riconoscono nel loro compagno di viaggio il Risorto. Soltanto nel momento in cui Gesù, ripetendo i gesti dell’Ultima cena, spezza il pane e lo condivide con loro, gli occhi dei due discepoli si aprono e riconoscono il Signore. Ecco che allora avviene la loro conversione e immediatamente credono alla Risurrezione di Gesù. Animati nuovamente dalla fede, corrono verso Gerusalemme ricongiungendosi agli Apostoli per raccontare loro ciò che hanno vissuto, condividendolo, quindi, con la comunità.
Sono dunque due gli elementi distintivi di Cristo: la Parola e l’Eucaristia, che costituiscono anche il fulcro della Santa Messa. Vivendo con costanza queste due esperienze, anche noi possiamo riconoscere Gesù nei vari momenti della nostra vita quotidiana e rafforzare così la nostra fede, che talvolta vacilla come quella dei discepoli di Emmaus.

IIIa domenica di Pasqua – clicca sopra per vedere la Parola di Dio del giorno

Clicca qui per la spiegazione del dipinto nell’articolo qui sotto

SULLA STRADA

Dopo l’intenso e impegnato percorso quaresimale, si è portati a credere che la Pasqua sia la meta, il punto di arrivo definivo. E invece la si riscopre come una nuova partenza, consapevole che chiede di rimetterci per strada: Siamo tutti in cammino. Se siamo onesti, riconosciamo che, pur avendo sulle labbra le parole luminose dei riti pasquali, i nostri sentimenti non sembrano molto diversi dalla disillusione e dalla tristezza dei due discepoli di Emmaus. Il loro stile di credenti fragili che vivono la fatica della fede ci riguarda e ci descrive. Ma non dobbiamo scoraggiarci.
Siamo chiamati a vivere, a stare in piedi, a camminare. Avremo la grazia di sperimentare uno sconosciuto compagno di strada che a poco a poco aprirà il nostro sguardo e scalderà il nostro cuore.
Diciamo spesso che non abbiamo il tempo né gli strumenti per approfondire la nostra storia. Ecco la risposta che ci viene offerta proprio dal vangelo di oggi: è un condensato di tutto il vangelo, di tutto quello che dobbiamo credere e vivere. E’ una pagina da riprendere continuamente, come un percorso della nostra vita, scandito in quattro momenti legati l’uno all’altro.
Il più negativo, al quale nessuno sfugge è il momento della delusione. “Noi speravamo!”, sospirano i due viandanti di Emmaus. Vivere una fede superba, sicura di sé, significa il rischio di cadere pesantemente. E’ meglio accettare che qualche volta si sia afferrati dalla delusione, nel momento peggiore. Ma nella stesso tempo credere che ci si rialzerà, che la voce amata ci dirà: “Sono qui”. Tempo dell’incontro capace di far sorgere sempre la nostra fede.
Lo si ascolta di nuovo: è il tempo della Parola: “Spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. Leggiamo attentamente questa pagina, convinti che è lui a parlarci. E ci parla anche attraverso quel prete, quell’amico quella discussione in cui siamo più presenti del solito. Perché c’è anche tanta parola che va perduta e non ritorna.
C’è un altro tempo: la frazione del pane, l’Eucaristia. Rivediamo allora le nostre messe, la nostra fame della messa. Deve rappresentare il culmine dell’offerta (di Cristo, del mondo, della nostra vita) e del nutrimento (“Prendete la mia vita per vivere la mia vita”).
E infine l’ultimo, che non è il meno importante! Andate a dire dovunque e a tutti: “Il Signore è vivo”. Utopia? Dire questo sul lavoro e in famiglia? Sì, è la nostra vita che può farlo.

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