E’ domenica (1 -11-2020) – Solennità di Tutti i Santi

I SANTI, COMPIMENTO DELLA PROMESSA DI DIO

Con immagini quasi mitiche, nella prima lettura, l’autore dell’Apocalisse presenta la moltitudine degli eletti che accorrono dai quattro angoli del mondo. Purificati dai peccati della loro vita grazie alle prove sopportate e al sangue dell’Agnello, essi vengono introdotti a partecipare alla liturgia eterna. La “moltitudine immensa che nessuno poteva contare” sono i santi che oggi ricordiamo, una folla in cammino peregrinante verso la patria.
Nella seconda lettura, san Giovanni pone al centro il fondamento del nostro essere cristiani: Dio ci ama e noi siamo suoi figli, e se vivremo come tali, un giorno, trasformati a sua immagine, parteciperemo alla sua gloria.
Le beatitudini proclamate da Gesù nel vangelo sono la magna charta del Regno. Appare con evidenza che i criteri con i quali Dio valuta, giudica e agisce sono diversi dai nostri. Per Gesù è beato il povero, l’umile e il disprezzato, vale chi non ha, non può e non conta. Un capovolgimento radicale di valori! Queste otto beatitudini sono la sola via alla vera felicità.

COMMENTO AL VANGELO

Nella solennità di Tutti i Santi, la liturgia ci propone come brano del Vangelo quello delle beatitudini, narrato dall’evangelista Matteo.
I nove “Beati” che si susseguono nel discorso fatto da Gesù ai suoi discepoli tracciano per noi un cammino da seguire. I nove comportamenti che vengono enunciati sono un invito che il Signore ci fa per poter progredire nel nostro percorso di fede e maturare come cristiani. Come ci ricorda la parabola dei talenti, infatti, è buona cosa mettere a frutto i doni che il Signore ci ha dato e cercare di migliorarsi, per poter restituire al Signore più di quanto ci ha dato. In questo modo, possiamo tendere allo stile di vita dei Santi, che oggi ricordiamo. La via che ci viene presentata con le beatitudini è, quindi, un incoraggiamento a non distogliere lo sguardo dalla meta che ci attende, di cui dobbiamo rallegrarci ed esultare, poiché si tratta di una grande ricompensa.
La prima beatitudine del discorso di Gesù è quella dei “poveri in spirito”. Non si tratta soltanto di una povertà materiale, bensì di un distacco spirituale dalle cose del mondo. Si tratta, quindi, di orientare la nostra vita secondo una scelta ben precisa, che mira alla sequela di Cristo. Ecco quindi che essere poveri in spirito si può esplicare in molti modi, che trovano l’occasione di concretizzarsi quotidianamente. Dall’umiltà con cui ci poniamo di fronte a Dio e al prossimo, alla testimonianza che possiamo dare della nostra fede anche solo con un gesto: tutto questo può essere “povertà in spirito”, cioè dimostrazione di come la nostra vita abbia un’impronta ben definita, che è quella della fede. La povertà in spirito ci sprona anche a mettere da parte orgoglio ed egoismo, che sono pesanti zavorre per il nostro cuore e ci impediscono di vedere come la nostra vita possa diventare, se lavoriamo su di essa come ci indicano le beatitudini, un capolavoro.

TUTTI I SANTI clicca sopra per leggere la parola di Dio

FRATELLI TUTTI : PENA DI MORTE. GUERRA, LIBERTA’ RELIGIOSA

Una posizione netta Papa Francesco la assume verso la pena di morte. È inammissibile e va abolita in tutto il mondo. “L’omicida non perde la sua dignità personale, Dio ne è garante. Di qui due esortazioni: non vedere la pena come una vendetta, ma come parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale, e migliorare le condizioni delle carceri, nel rispetto della dignità umana dei detenuti, pensando anche che l’ergastolo “è una pena di morte nascosta”. Viene ribadita la necessità di rispettare “la sacralità della vita” laddove oggi “certe parti dell’umanità sembrano sacrificali”, come i nascituri, i poveri, i disabili, gli anziani.
Nell’ottavo e ultimo capitolo, il Papa si sofferma su “le religioni al servizio della fraternità nel mondo” e ribadisce che la violenza non trova base nelle convinzioni religiose, ma nelle loro deformazioni. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, e a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale e come tale va condannato. Un cammino di pace tra le religioni è possibile ed è necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano fondamentale per tutti i credenti. Una riflessione, in particolare, l’Enciclica la fa sul ruolo della Chiesa: essa non relega la propria missione nel privato, non sta ai margini della società e, pur non facendo politica, non rinuncia alla dimensione politica dell’esistenza. L’attenzione al bene comune e la preoccupazione per lo sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l’umanità e tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa, secondo i principi evangelici. Infine, richiamando i leader religiosi al loro ruolo di “mediatori autentici” che si spendono per costruire la pace, Francesco cita il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza”, da lui stesso firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al Tayyb: da tale pietra miliare del dialogo interreligioso, il Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio.
L’Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e soprattutto Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi con gli ultimi per divenire “il fratello universale”. Le ultime righe sono affidate a due preghiere: una al “Creatore” e l’altra “cristiana ecumenica”, affinché nel cuore degli uomini alberghi “uno spirito di fratelli”. (fine)

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