Attualità (9-02-2014)

FEDE E POLITICA

La distanza tra fede e vita, praticata da molti appartenenti alle nostre comunità cristiane, è presente anche in quanti, pur riconoscendosi cristiani e appartenenti alle comunità, ispirano le loro scelte politiche più alla ricerca del consenso, che all’impegno per una città e un mondo più giusto e pacifico, e limitano l’espressione della loro presunta fede alla presenza alle celebrazioni e agli eventi delle comunità cristiane, col pericolo che questi diventino funzionali all’acquisizione del consenso.
Ciò è dovuto anche al fatto che gli stessi cristiani non considerano i valori del vangelo e della fede, tra i quali sono fondamentali la giustizia e la pace, come criteri di valutazione dell’azione politica e del consenso a programmi e candidati. Anche tra i cristiani prevale come criterio di giudizio il beneficio che la politica porta all’interesse personale, non al bene comune e, ancora meno a quello dei più poveri.
In questi ultimi anni, poi, si è verificata una convergenza tra alcuni cattolici praticanti e alcuni laici, definiti da qualcuno “atei devoti, che considerano il cristianesimo un baluardo difensivo della cultura occidentale, minacciata da persone, culture e religioni diverse.
E’ innegabile che la chiesa, da noi, vede sempre più perdere la sua capacità di incidere nella vita della società, a causa della progressiva riduzione numerica dei praticanti e, ancora di più, del suo chiudersi nell’ambito del sacro e del devozionale.
Oggi è sempre più consistente il pericolo di disumanizzazione insito nella secolarizzazione di stampo economicista che, da una parte, produce forti sperequazioni ed esclusioni, e, dall’altra, tendendo quasi esclusivamente al profitto e al consumo, riduce l’uomo a “merce”.
Queste culture considerano la fede come fatto personale e privato, la riducono all’ambito spirituale e intimo, favoriscono la sua riduzione a “fuga dal mondo”, che viene sempre più considerato da molti credenti una realtà negativa con la quale non bisogna contaminarsi. Si pensa di preservare, così, la fede dalle interferenze negative del mondo. Ma proprio il vangelo di oggi dice che i cristiani sono “sale della terra e luce del mondo”, proponendo la necessità di una relazione tra credenti e mondo, al quale i cristiani sono chiamati a portare il loro contributo di bene, pena la loro inutilità.
Si può uscire da questa situazione improduttiva per la chiesa attraverso un ritorno all’ascolto e alla comprensione del messaggio evangelico nella sua integralità e attraverso una visione realistica della storia, non ispirata al rifiuto e alla condanna, ma ad una considerazione positiva, come tempo di Dio e della salvezza a cui anche i credenti offrono. con generosità e con gioia, il proprio apporto.
E’ necessario promuovere nuove figure di credenti e di “fedeli laici”, aperti alla realtà, rispettosi dell’autonomia della politica, e, al tempo stesso, desiderosi di offrire alla comunità umana il proprio contributo di valori utili alla promozione umana e al bene comune. Non basta la “presenza” dei cristiani in politica, che porta con sé il rischio dell’integralismo; è necessaria anche la loro capacità di dialogo e di mediazione etica. Il nostro tempo è caratterizzato da una profonda crisi dei valori e dall’urgenza di una loro ridefinizione per ridare credibilità alla politica, e, se si vuole conferire al vangelo una effettiva incidenza storica, dare spazio ai valori evangelici, creduti, testimoniati e proposti da fedeli laici e comunità che continuamente si nutrono e si sostengono con la parola di Dio e la partecipazione sacramentale e relazionale alla vita della comunità.

 

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