Attualità (5-11-2017)

DOVE VA LA CHIESA?

Il nostro non è proprio un tempo tranquillo. E’ come un mare mosso dal vento, nel quale ognuno rema per conto suo. Questo vale per la società, per la cultura, l’etica, la politica. Ma vale anche per la chiesa. Sballottata tra le onde di una “mentalità liquida”, la “barca di Pietro”, sembra essere in pericolo e soccombere sotto i colpi del secolarismo, dell’indifferenza religiosa e del relativismo morale. La nostra è una società che si sta rassegnando al degrado civile e all’assenza di etica nella vita pubblica. Vuole relegare la religione nell’ambito privato, senza alcun riflesso nella vita sociale.
La fede, per molti, è un retaggio del passato; qualcosa di arcaico che non si addice alla modernità. Si tende a fare a meno di Dio: un ateismo pratico, non teorico, perché se si domanda a qualcuno se crede, risponde quasi sempre di sì, magari aggiungendo che non pratica. Si frammentano i Paesi, si mettono in discussione i percorsi di unità che si è cercato di fare negli ultimi decenni, si sciolgono le comunità, e si vanno sbriciolando anche le coscienze, sempre meno sensibili al “bene comune”, sorde alla solidarietà con le “periferie esistenziali”, dagli ultimi di casa nostra a quelli dell’altra sponda del mediterraneo.
Eppure il mondo non potrà essere migliore, diceva già Benedetto XVI “se Dio non trova un posto anche nella sfera pubblica. E se non ha uno specifico riferimento alla dimensione culturale, sociale, economica e, in particolare, politica”( Caritas in veritate, 56). Il pericolo è quello di relegare l’espressione della fede nel devozionalismo e nel tradizionalismo. Ambedue queste tendenze evitano di misurarsi con l’attualità e la storia. Ma è proprio a questo “oggi” che Dio parla; è in questa storia che Lui ama e salva. Certi cristiani, spesso, più che credenti sembrano creduloni e, a quel punto, poco manca che si affidino a maghi, oroscopi e fattucchiere.
Come affrontare da cristiani la sfida della modernità?
I nostalgici del passato vorrebbero invertire la rotta: per la “barca di Pietro” sognano ipotetici “porti sicuri”, ritornando al passato. Ma indietro non si torna. Sotto l’azione dello Spirito il Concilio Vaticano II° ha spinto la chiesa a “prendere il largo”, in mare aperto, e a mettersi a servizio dell’umanità e del popolo di Dio. La direzione è irreversibile: semmai servono nuovi traghettatori, meno rassegnati e con più coraggio, che si lascino guidare dal vangelo, vera “stella polare” che il Concilio ha rimesso al centro della vita dei fedeli e della comunità cristiana.

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