Attualità (5-01-2014)

CRISI ECONOMICA E CRISI MORALE

La crisi che affligge il nostro mondo, prima ancora che economico-finanziaria è etica e antropologica. Papa Francesco ha ricordato recentemente che “mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli stati, pur incaricati di provvedere al bene comune”.
Ecco che allora nei paesi africani del Sahel, come il Burkina Faso, la gente muore di fame, per le croniche siccità, ma anche per le speculazioni finanziarie legate alla compravendita dei titoli finanziari sui prodotti agricoli. Nel frattempo anche in Europa vi è una lunga schiera di persone che fanno fatica a sbarcare il lunario. D’altronde la perversione è tale per cui si continuano a fare guerre per ragioni legate prevalentemente al controllo delle fonti energetiche e delle materie prime alimentari. “Dove non passano le merci, passano gli eserciti”.
Certo, senza investimenti non c’è progresso, e vi è una stretta correlazione tra l’apertura alla concorrenza e la posizione di benessere di cui il nostro continente ha beneficiato. Ma quanto durerà ancora?
Il capitalismo ha determinato un passaggio da una concezione morale inerente il rapporto tra gli uomini a un’altra legata al rapporto tra uomini e cose, mutamento essenziale per comprendere il nostro tempo: segna lo slittamento da un’etica basata sui valori, ad un’etica basata sull’utilità, dal desiderio, inteso come progresso e crescita, alla soddisfazione, intesa come risposta ai bisogni personali e collettivi. Ora, sono due le strade per ridurre il divario tra desiderio e soddisfazione: produrre più beni e incrementare il potere d’acquisto della gente, oppure la posizione degli stoici i quali affermavano che meno si ha e più si è liberi.
Il diffondersi oggi dell’etica utilitaristica ha favorito il dominio del business nella riflessione politica e sociale dei paesi industrializzati e di quelli emergenti. Il problema di fondo è che vi è sempre più appiattimento sulle categorie economiche nel dibattito politico con la conseguente progressiva riduzione delle dimensioni su cui si giudica ogni aspetto della vita e della società. Per dirla con le parole del filosofo Umberto Galimberti: “Da quando il denaro è diventato il generatore simbolico di tutti i valori, non sappiamo più cos’è buono, cos’è giusto, cos’è vero, cos’è santo. Capiamo solo che cosa è utile, ma non alla vita, ma all’accumulo di denaro, prodotto sempre meno dall’industria e sempre più dalla finanza che, grazie alla globalizzazione e all’informatica, specula sulla circolazione del denaro”.
Noi occidentali abbiamo avuto la pretesa di esportare democrazia e diritti umani, in realtà abbiamo divulgato solo il mercato, sacrificando sia la democrazia, sia i diritti umani, dunque l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Sarebbe ora che maturasse la visione di un sistema globale di relazioni e interdipendenze reciproche, a cui non è affatto estranea la definizione di economia alternativa. Abbiamo bisogno di un risveglio etico, dove le pratiche di mercato non sopprimono le condizioni di esistenza della gente, sempre più ridotta sul lastrico. Mentre il denaro circola allegro nel cerchio ristretto della finanza speculativa.

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