Attualità (23-06-2013)

QUALE RELIGIONE

Siamo nell’”anno della fede”, indetto dal Papa. Cosa comporta per la nostra comunità? Il Convegno Diocesano di lunedì 17 e martedì 18, presieduto dal Vescovo, ha proposto delle interessanti considerazioni e riflessioni su “Cristiani senza religione?”. Quali conseguenze ne possiamo trarre per la nostra vita pastorale? Alla riunione dei catechisti del 12 giugno, nella quale si è fatta una verifica dell’anno catechistico appena concluso e si è iniziata la programmazione del prossimo, c’erano meno di 10 catechisti. Alcuni non hanno mai partecipato agli incontri di preghiera e di formazione che si sono tenuti durante l’anno. Quale tipo di fede e di religione proporranno ai bambini e ai ragazzi?
L’attività principale della parrocchia dovrebbe essere l’annuncio del Vangelo e la catechesi per la formazione di una comunità di discepoli di Gesù. Il compito dei catechisti, riuniti insieme per condividere obiettivi e linguaggi, è insostituibile.
La fede oggi è tutt’altro che scontata, deve confrontarsi con la cultura del tempo per diventare testimonianza. Non è una ripetizione automatica di gesti, riti e comportamenti.
Che credenti siamo? Crediamo più in noi stessi, nelle nostre convinzioni e nelle nostre abitudini, prigionieri del nostro “io”, o crediamo in Dio che si rivela continuamente come amore e chiede a noi di rispondergli con l’amore a Lui e al prossimo?
La resistenza al cambiamento in nome delle tradizioni, la non conoscenza delle indicazioni del Concilio e del Magistero, il relegare l’esperienza di fede all’intimismo e al devozionalismo, senza guardarsi intorno, che spesso si verificano nella vita personale e comunitaria sono forme di non obbedienza a Dio che vuole aprirci al futuro e di attaccamento al nostro passato, piuttosto che al progetto di Dio. Impugnare la fede come nostra identità contro gli “altri”, di fedi diverse, o che non credono, o che attuano scelte e comportamenti diversi da ciò che noi riteniamo essere la “religione”, hanno ben poco a che vedere con la sequela del Signore che cammina sempre avanti a noi nella storia, che ci precede nella “Galilea delle genti”, o, come direbbe Papa Francesco, nelle periferie geografiche e spirituali dell’umanità.
Si pensa che la fede sia l’esibizione dei muscoli per portare statue della Madonna e dei santi, cristi e lanternoni nelle processioni, piuttosto che l’amore per portare i pesi gli uni degli altri. Si confonde la fede con la venerazione di statue e immagini “sacre”, fatte da uomini e si dimentica che l’unica “immagine e somiglianza” di Dio fatta dallo stesso Creatore è l’uomo.
L’”anno della fede” dovrebbe essere per la nostra comunità l’occasione per purificare la fede da ciò che fede non è, senza la pretesa di una revisione completa e definitiva, perché l’autenticità del credere deve sempre essere verificata e confrontata con la parola di Dio e l’insegnamento dei successori degli Apostoli, che sono i custodi della vera Tradizione. Si tratta di un cammino lento e paziente, da avviare con umiltà e fiducia, che richiede disponibilità di uomini e donne, giovani e meno giovani, che si mettano in ricerca, in ascolto, e si aprano al progetto sempre nuovo di Dio. Questo cammino esige una comunità di catechisti che pregano, ascoltano la Parola e la studiano insieme. Il prossimo anno catechistico, che comincerà a settembre, o si muoverà con queste caratteristiche o sarà meglio sospenderlo preparando tempi migliori.

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