Attualità (21-06-2015)

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Raccontata dalle testimonianze degli Italiani che parteciparono al conflitto.
Nel mese di luglio verrà inaugurata una mostra dedicata a questo evento drammatico . Lettere fotografie, documenti, piccoli ricordi di nostri compaesani nati alla fine del 1800 che partirono per il fronte contro gli austriaci.
Chi è in possesso di questo “patrimonio” si puo’ mettere in contatto con il circolo culturale di Pieve a Elici , saletta S. Giovanni: franco Benassi 3404125609
LA MOSTRA CON LA SERATA /RICORDO sarà inaugurata VENERDI 24 luglio

(Dal diario di un soldato italiano della prima guerra mondiale)

Carissima,
Oggi domenica ho concesso un po’ di libertà ai miei uomini, meno di mezza giornata, s’intende, perché possano migliorare le loro topaie e io ne profitto per scrivere poche lettere. Coi miei ufficiali abbiamo pensato di festeggiare la domenica invitando a pranzo il nostro dottore del posto avanzato di medicazione per passare tutti uniti poche ore. Il nostro pranzo è consistito in: antipasto di tonno sott’olio, salame e burro; risotto alla milanese, bistecche con patate fritte, fritto di cervello, formaggio, frutta, marmellata, liquori, caffè. Per essere a duemila metri, segregati dal consorzio umano, non c’è male. Ora, dopo aver preso il te, il dottore è andato via, io sono ritornato nel mio antro e non so perché sono preso da un momento di malumore; sarà il tempo costantemente nebbioso, sarà la mancanza di sole, sarà quel che sarà, in questo momento sono sono tanto allegro.
Ti scrissi che siamo sulle Alpi, ma non posso indicarti il punto preciso;  le nostre montagne sono tutte roccia tagliata a picco, prive di vegetazione. Siamo intorno a uno dei più moderni e resistenti forti austriaci, per osservarlo. Cosa s’intende in gergo militare essere in osservazione d’un forte è inutile che lo spieghi. Contro il forte austriaco le batterie dei nostri forti concentrano il loro fuoco per distruggere le sue cupole e torrette corazzate. Ma il forte austriaco risponde sempre al tiro delle batterie italiane e dirige i suoi proiettili su queste e sulle posizioni occupate da noi, dalla fanteria e dagli alpini. I suoi tiri però, sebbene molto precisi, producono danni minimi. La mia compagnia fino a avantieri sembrava godesse di una strana immunità. Siamo stati per un pezzo uniti a una compagnia di alpini: questa ha avuto in una quindicina di giorni un venticinque uomini fuori combattimento, tra cui alcuni morti, seppelliti su queste balze rocciose. La mia compagnia neanche un ferito. Una scheggia di granata un giorno mi colpisce un soldato, gli lacera tutta la giubba della quale una buona metà è stata staccata dal resto, porta via la fibbia del panciotto, ma il soldato rimase immune; un altro giorno una granata scoppia vicino a altri soldati: le schegge passano tra loro ma nessuno rimane colpito e così diverse altre volte. Il primo giorno che sono venuto quassù il forte austriaco ha voluto salutare il mio arrivo inviandomi una dozzina di shrapnels, ma tutti inutili; la notte tra l’una e le tre me ne inviò una trentina ma tutti scoppiarono tra le rocce senza ferire alcuno. Avantieri invece uno shrapnel invece mi colpii un soldato e un caporale. Questo ebbe la giubba, il farsetto maglia, la camicia forate un po’ più giù dell’ascella, ma rimase illeso, quello ebbe forata una spalla. E’ stata una ferita molto leggera ma ad ogni modo quell’incantesimo quasi per cui la mia compagnia godeva d’una strana immunità è sfatata e parecchi altri feriti forse dovrò avere.
Ma ad ogni modo questa è la guerra.
Oltre al servizio di osservazione del forte abbiamo anche il servizio di ricognizione. Un ufficiale con tre o quattro soldati deve spingersi verso le posizioni nemiche, per avere notizie, esplorare il terreno, guardare se ci sono concentramenti di forze avversarie ecc. Nella mia compagnia io ho tra gli altri due tenenti un po’ più vecchi di me e che a casa hanno moglie e figli. Il servizio di esplorazione presenta sempre un po’ di pericolo perché gli austriaci naturalmente hanno interesse a ostacolarlo e poi c’è sempre probabilità d’incontrarsi con pattuglie nemiche e dover scambiare poche fucilate. Inoltre l’esplorazione richiede in chi l’esegue agilità e resistenza che non può avere chi è stato tolto da un impiego sedentario e mandato a far l’ufficiale in guerra. Perciò per quest’ultimo motivo, che non consente ad essi di fare un buon servizio e per un riguardo alle loro mogli e figli, i miei due tenenti io non li mando mai fuori. Per me invece la ricognizione è un divertimento, una specie di caccia, e sebbene per regolamento, quale comandante di compagnia, non dovrei eseguirne, pure quando c’è da farne una un po’ importante vado fuori sempre io: ai sottotenenti affido le ricognizioni meno importanti. Finora a tutti c’è andata sempre bene: l’altro giorno ero a un paio di chilometri dal forte quando mi sentii fischiare sulla testa una granata. Il forte mi aveva scorto e mi inviata il suo saluto. La distanza era stata studiata molto bene, ma un errore di puntamento aveva fatto deviare di una quasi diecina di metri a sinistra il proiettile che però scoppiò senza colpirci. Naturalmente non aspettai il secondo colpo e mi inoltrai in un boschetto mentre uno dei miei esploratori gridava all’indirizzo del puntatore nemico: datti ammalato perché ancora non sai puntare. Eppure malgrado tutto a me le ricognizioni piacciono e le eseguo con piacere.

Tutti coloro (piccoli e grandi) che vogliono inviarci poesie, racconti, storie possono farlo inviandoli all’email galletti65@gmail.com

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