Attualità (2-06-2013)

FEDE IN MOVIMENTO

Stiamo celebrando l’”Anno della fede”, indetto da Papa Benedetto XVI nell’ottobre del 2012, per la ricorrenza del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II° e del 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
La nostra Chiesa diocesana si appresta a celebrare l’annuale Convegno Diocesano (17 e 18 giugno) sul tema: “Cristiani senza religione?”. Un interrogativo che dovrebbe circolare anche nelle comunità parrocchiali per ripensare i modi di vivere la fede, confrontandoli con quanto proposto dai documenti del Concilio, dal Catechismo e anche dal cammino pastorale che la nostra Chiesa, sotto la guida del vescovo Italo sta facendo in ascolto di Dio e dell’uomo, per una testimonianza di fede, dei singoli e delle comunità che diventi annuncio di gioia alla gente di oggi, in particolare, direbbe Papa Francesco, a coloro che abitano le “periferie” non solo geografiche, ma anche dello spirito.
Come rispondono i cristiani e le comunità a queste indicazioni? Si vedono dei cambiamenti nella loro vita di fede e nella loro testimonianza?
Le comunità, ha scritto qualcuno (vedi Famiglia Cristiana del 26 maggio, p. 8) sono sempre più secolarizzate. I cristiani sono come tante isole che, ogni settimana, si incontrano quasi per caso alla Messa domenicale, o alle processioni. Ma non facciamo più comunione fra noi, e non portiamo più gli uni i pesi degli altri, come ci ammonisce il Vangelo. Siamo immersi in un ritualismo meccanico, schiacciati dai problemi quotidiani della vita.
La questione è: noi cristiani siamo convinti che la nostra testimonianza personale e comunitaria deve essere rivolta all’esterno, a coloro che sono lontani dalla fede e non frequentano la chiesa? Siamo coscienti di essere “lievito” e “sale” della terra? Avvertiamo la responsabilità, che ci viene dal Battesimo, di portare la “buona novella” che Cristo è morto e risorto per la salvezza nostra e di tutta l’umanità?
Alle recenti riunioni dei preti con il vescovo è emersa la fatica che si incontra a dare un volto nuovo alle nostre comunità e le resistenze e diffidenze che emergono verso ogni cambiamento.
“Abbiamo sempre fatto così” ci si sente spesso dire. E le chiese continuano a svuotarsi, i giovani e i “lontani” non provano attrazione o interesse verso la fede e la chiesa. I preti diminuiscono a vista d’occhio e non possono più assicurare ad ogni parrocchia tutti i servizi che erano garantiti fino a qualche anno fa.
Più che esigere che si continui a fare tutto quello che si è sempre fatto, i fedeli dovrebbero domandarsi, insieme ai loro pastori, alla luce della parola di Dio e dello Spirito Santo: “Cosa dobbiamo e possiamo fare oggi?”.

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