Attualità (2-01-2014)

I CRISTIANI E LA POLITICA

Papa Francesco, nell’Esortazione “Evangelii Gaudium” afferma: “Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo! La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune” (n. 205). Sono numerosi, negli ultimi anni gli inviti del Magistero della Chiesa ai cristiani laici ad impegnarsi apertamente nella politica. “Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società, non è della chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggio” (Benedetto XVI, 19 ottobre 2006).
E’ chiaro che ci si impegna in politica, prima di tutto come cittadini, cioè impegnati a costruire una società libera, giusta e pacificata, a prescindere dalla propria appartenenza religiosa.
Il valore fondamentale della persona umana e dei suoi diritti inalienabili costituisce il fondamento della collaborazione tra persone diverse, che accettano una piattaforma comune e condivisa. Lo si è visto al tempo della Costituente, quando persone di orientamento ideologico differente (liberale, marxista e cattolico) hanno collaborato per scrivere il testo della Costituzione repubblicana del 1948. Non si tratta, oggi, di dar vita ad un nuovo partito cattolico, ma di comprendere la necessità, per i cristiani e le comunità, di riaprire un dibattito che traduca i valori del vangelo e della fede in scelte politiche pratiche riguardanti molte questioni decisive per la convivenza sociale. Su molti di questi temi perdura da tempo, nel mondo ecclesiale, una pratica di silenzio, forse per evitare che si producano elementi di divisione e di lacerazione.
E’ notevole lai presenza dei cattolici nel sociale, nelle attività caritative e nel volontariato, presenza che va certamente mantenuti e sostenuta, ma è anche indispensabile misurarsi con i problemi strutturali della vita collettiva.
L’impegno del cristiano per il bene della “polis” (città, stato, comunità mondiale) si fonda sulla visione biblica della “pace” che concentra in una parola l’insieme di tutti i beni autenticamente umani. I cattolici in politica non hanno la preoccupazione di trascrivere la morale confessionale nelle leggi dello Stato, ma, alla pari con altri cittadini, si impegnano democraticamente per fare leggi che promuovano la persona, la sua dignità e i suoi diritti. Tra questi, il fondamentale diritto alla vita e ad una vita dignitosa, non è una questione solo cattolica, è semplicemente una questione comune (laica), un test che distingue la vera dalla falsa democrazia.
Le comunità cristiane hanno da fare un serio esame di coscienza a riguardo delle mancate prese di posizione a favore della giustizia sociale (locale, nazionale e internazionale): la scelta prioritaria dei poveri, auspicata recentemente anche da Papa Francesco, dovrebbe spingere i cristiani ad una politica che elimini il più possibile il perverso meccanismo, rilevato proprio in questi giorni anche da importanti istituzioni, per cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
L’omissione è un peccato. L’assenza dei cristiani e delle loro comunità nell’impegno politico, la mancata assunzione di responsabilità verso i fratelli più poveri ed esclusi richiedono un vero e proprio “atto penitenziale” a cui, in considerazione anche di importanti appuntamenti che ci attendono a livello europeo e locale, dovrà seguire una precisa assunzione di responsabilità.

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