Attualità (16-12-2018)

LA PAURA DEL MIGRANTE

Lo scorso 14 gennaio, in occasione della giornata del migrante e del rifugiato, Papa Francesco ha parlato delle paure che suscita l’immigrazione. Paure “legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano”, perché “non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze”. Paure, dunque, che non costituiscono un peccato, perché “Peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità… Peccato è rinunciare all’incontro con l’altro, con il diverso, con il prossimo, che di fatto è un’occasione privilegiata d’incontro con il Signore”.
Sono parole che invitano tutti a riflettere, in particolare chi sta cercando di trasformare una tragedia umanitaria in una questione di sicurezza e ordine pubblico.
Certe misure hanno l’evidente scopo di ostacolare l’accoglienza e rendere plausibili, anche sulla base di un’informazione tendenziosa o apertamente manipolata, azioni che trascendono ogni limite etico, ogni senso minimo di umanità.
Tutto questo è favorito dal vuoto o dalla debolezza legislativa (un trattato come quello di Dublino va contro ogni principio di condivisione e corresponsabilità) e da accordi internazionali che appaltano la “gestione” dei migranti a dittature repressive come la Turchia o Stati in mano a bande armate e gruppi criminali come la Libia. Azioni di cui l’Europa, culla dei diritti umani e della democrazia, è responsabile.
L’immigrato non è un “nemico”, ma una vittima. E’ il risultato di un sistema politico ed economico che ha prodotto laceranti disuguaglianze, depredato intere regioni del pianeta, concentrato enormi patrimoni in poche mani, dichiarato guerre per l’appropriazione delle materie prime. E. di conseguenza,, costretto milioni di persone a lasciare affetti, legami, case.
Se le cose stanno così, chi è il”nemico”: gli immigrati o un sistema che il Papa ha definito “ingiusto alla radice”, e una politica che l’ha favorito, spalleggiato, e rappresentato?
Il corso della storia non si può fermare con muri, fili spinati e respingimenti, ma lo si può governare, cominciando a ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, gli squilibri sociali e climatici. Per governare fenomeni globali occorrono risposte globali, che non si trovano seguendo idee nazionaliste e sovraniste.
Non è di un’utopia dettata dal “buonismo”. Se è utopia, l’alternativa è la guerra.
E’ allora imprescindibile una “iniezione” di umanità “diversa”, e una politica che sappia guardare lontano, che voglia realizzare speranza e non speculare sulle paure.
Nessuno di noi, nel momento in cui è venuto al mondo, sarebbe sopravvissuto se non fosse stato accolto. L’accoglienza è vita che sorregge la vita. Sta a noi, in un tempo avaro di accoglienza, riconoscere nel volto dei migranti quello di milioni di “poveri cristi” bisognosi come noi di accoglienza e di umanità.

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