Attualità (15-03-2015)

NOTIZIE DAL BURKINA FASO

Il container che abbiamo preparato e inviato a Yalgo è arrivato a destinazione sano e salvo. Ancora prima che arrivasse, l’8 febbraio, Enzo aveva mandato una mail a Beppe, da cui stralciamo qualche notizia.

“Caro Beppe, provo a scriverti con il mio nuovo indirizzo mail, sperando che funzioni.
Il ristorante lavora abbastanza, specialmente ora che ho installato il servizio wi-fi. Vengono molte persone per navigare in internet. Il primo mese, dopo aver pagato le nove persone che ci lavorano, il bilancio era in pareggio. La costruzione del mulino va avnti bene, siamo arrivati al tetto. Ho deciso di far costruire una piccola tettoia davanti che servirà alle donne che ci lavorano come negozio per vendere i prodotti dell’orto.


Io continuo a girare per i villaggi, con l’abbè Bruno e portare scarpine, stivali e badili. Poi vado a insegnare al college Valentina tre volte alla settimana.
Sono arrivati Renato e Cristina, due volontari milanesi, ma residenti a Nocchi. Non credevano di trovare così caldo. Ora dopo alcuni giorni di acclimatamento, a partire da lunedì cominceranno a lavorare. Lei al Centro nutrizionale e lui a preparare il materiale dei container da portare ai villaggi… Qui ti ricordano tutti con affetto, e non manca giorno che qualcuno mi chieda di te.

Se qualcuno vuole comunicare con Enzo, la sua mail è: delbucchiai@gmail.com

LA SCHIAVITÙ DELL’ANALFABETISMO
E LA DISINFORMAZIONE BRASILE

Andare a scuola per molti di noi spesso risulta noioso. Saper leggere e scrivere è una cosa ovvia. Contare, sommare, dividere, moltiplicare sono operazioni che facciamo tutti i giorni. Sembrano tutte azioni banali, scontate, ma grazie a queste conoscenze siamo capaci di poter scegliere, di conoscere meglio quello che ci circonda, di ragionare con la nostra testa. Pensate un po’ se improvvisamente smettessimo di saper leggere, scrivere, contare …quanto e come cambierebbe la nostra vita? Eppure molte persone ancora oggi non hanno accesso ad un’istruzione costringendole a vivere in situazioni di povertà, basse prospettive economiche, sfruttamento, miseria: la disinformazione e l’analfabetismo ci rendono schiavi. Il mancato accesso ad un’istruzione oggi colpisce più del 20% della popolazione mondiale, ma ci sono persone che non si sono arrese a questa condizione, che sono riuscite ad liberarsi da questa schiavitù, riscattarsi dal proprio stato di emarginazione e diventare protagoniste attive della proprie scelte. A Marcos Moura, una frazione di circa 40.000 abitanti del comune di Santa Rita, a 30 km da Joao Pessoa, il capoluogo dello Stato di Paraiba in Brasile, l’80% degli abitanti vive ai margini della società, senza accesso ai diritti umani fondamentali. La maggior parte delle famiglie vive in case povere, in vie non asfaltate, poco illuminate, senza rete idrica e fognaria. Analfabetismo, disoccupazione, miseria, mancanza di infrastruttura urbana, spaccio di droga e violenza sono alcune delle sfide del quartiere: è una catena, ogni situazione è conseguenza dell’altra. Il quartiere è sorto per il miraggio di trovare lavoro nei vicini latifondi, ma il lavoro c’è solo per brevi periodi dell’anno e in condizioni di grave sfruttamento. Quando termina l´epoca della raccolta, in mancanza di alternative, molte famiglie sopravvivono grazie alla selezione di materiali riciclabili. Con le mani nella spazzatura, strappano dai rifiuti tutto ciò che può essere venduto per sfamare le loro famiglie. Fratel Francesco D’Aiuto, “Chico” come tutti lo chiamano, missionario laico comboniano di Lucca, cerca soprattutto di vivere a fianco di questi poveri e di far sì che ciascuno di loro si senta valorizzato, amato e che riesca a recuperare un po’ di quell’autostima ormai da tempo perduta. Come già aveva fatto in altre zone del Brasile, cominciò ad avvicinare i raccoglitori di cartone e propose loro un percorso di organizzazione che sfociò nella creazione della Cooperativa de Catadores de Reciclagem de Marcos Moura – COOREM. Il risultato immediato è stato la valorizzazione del lavoro e un discreto miglioramento economico, ma il vero successo sta nel rafforzamento dell’autostima, nell’aumento della fiducia in se stessi. I catadores erano malvisti ed evitati da tutti come se fossero mendicanti o poco di buono che vivevano nella strada. Grazie alla loro voglia di riscattarsi, di imparare, di non arrendersi, per la prima volta si sono sentiti valorizzati, considerati come persone e non come spazzatura. Da allora fino ad oggi hanno fatto un grande cammino crescendo nella fede, nella coscienza critica e in spirito fraterno. I catadores hanno riconquistato la loro dignità, ostentando le uniformi verdi hanno conquistato la simpatia e l’ammirazione della gente che ora li tratta come professionisti della raccolta differenziata. Ogni giorno pregano, fanno colazione e pranzo in cooperativa in un clima sereno e gioioso. Come disse il loro Presidente, Fratel Francesco D’Aiuto, “Chico”, annunciando la Resurrezione del Signore, Gesù stesso era un “catador”, un raccoglitore di uomini, che aveva mandato i suoi ad essere a loro volta “catadores” di uomini. Cosa possiamo fare? Imparare, essere curiosi, informarsi ed informare. La povertà non si combatte con le armi e spesso neanche coi soldi. Impegniamoci affinché tutti possano avere accesso ad un’istruzione e che l’informazione sia sempre al servizio della Verità. Adottiamo uno slogan: Pensiamo globalmente ma agiamo localmente! Non occorre fare cose eclatanti, semplicemente pensare che ogni nostro gesto quotidiano (dallo spreco alimentare, all’uso della macchina, ad acquisti “non critici”……) produce effetti anche a migliaia di kilometri di distanza dalle nostre città e può contribuire a sviluppare quei fattori che impediscano la scolarizzazione di molti bambini.

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