Attualità (14-07-2019)

I CRISTIANI E LA POLITICA

I cambiamenti che stanno avvenendo nei parlamenti e nelle istituzioni locali, interrogano sulle responsabilità della Chiesa e sull’influenza che la predicazione del vangelo esercita sugli orientamenti morali e politici della società. E’ avvenuto uno scollamento della vita del credente dalla percezione delle sue responsabilità politiche. Vescovi, preti e laici, non si preoccupano molto di confrontare il proprio giudizio politico con il vangelo. E, quando lo si fa, è assai difficile trovare un partito o un movimento nel quale si possa, sia pure con cautela, simpatizzare .
Il credente dovrà pur giudicare se è compatibile col vangelo sostituire il “Prima noi” al “Prima i poveri”, l’orgoglio nazionale alla fraternità universale, la difesa del proprio benessere alla solidarietà, la chiusura dei confini e dei porti all’accoglienza, il “Basta stranieri in casa nostra” all’ ”Ero straniero e mi avete accolto” di Matteo 25,35. E’ vero che l’applicazione del vangelo alla politica è un’operazione complessa e non c’è un’unica strada da seguire.
In passato, negli anni ’50, la chiesa italiana si era impegnata a fondo nella lotta contro il comunismo ateo, poi, negli anni ’70 sono saliti alla ribalta soprattutto i problemi della famiglia e della bioetica, ed era la gerarchia, più che i fedeli laici, ad assumersi il compito di paladini della morale cattolica.
Così, mentre la politica mondiale era dominata sempre di più dal neocapitalismo, la chiesa si è trovata accanto movimenti politici conservatori, favorevoli alle sue posizioni su famiglia e bioetica e meno attenti alle questioni della giustizia sociale. Si preparava così l’alleanza tra i diversi sovranismi e le rispettive religioni, in chiave tradizionalista, e nostalgica dell’antica “societas christiana”, della restaurazione dell’egemonia della chiesa sulla società sotto le ali degli Stati. Il gioco in Europa è ancora più facile, perché la chiusura dei sovranisti ai migranti si ammanta del sedicente nobile scopo della difesa della “civiltà cristiana”.
Non si dovrebbero dimenticare i trascorsi di tragiche alleanze nella cui trappola caddero non pochi cattolici e componenti della gerarchia nel secolo scorso, né si può ignorare che la difesa della “civiltà cristiana” non coincide con la fede cristiana, che si testimonia solo mettendo in pratica il vangelo. La chiesa si trova oggi a dover difendere, anche al proprio interno, la “fede cristiana” dal farsi catturare da chi, per interessi estranei alla fede e al vangelo, intende salvaguardare la “civiltà cristiana”. Sono i credenti fedeli al vangelo che creano, con la loro testimonianza coerente, una civiltà, non una civiltà a creare i credenti.

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