Attualità (12-01-2014)

A PROPOSITO DI BENEDIZIONI

La Parola di Dio del primo dell’anno (1a lettura) ci presentava un modello di benedizione che Dio consegna a Mosè, perché a sua volta lo trasmettesse ai sacerdoti i quali, poi, con quella formula avrebbero dovuto benedire il popolo. L’occasione si è prestata a chiarire una consuetudine molto diffusa nelle nostre comunità di chiedere la benedizione su oggetti, luoghi e persone. Qualche volta si ha l’impressione che si chieda la benedizione come un gesto scaramantico che protegga dal male, quasi come il ferro di cavallo alla porta o il cornetto rosso in tasca. Nonostante tutti i progressi della scienza,, non è difficile trovare ancora tracce della mentalità magica che con parole e gesti vuole dominare gli elementi della natura, assicurarsi una protezione, procurarsi esiti favorevoli.
Benedire vuol dire “dire bene” di qualcuno o qualcosa, e, in senso religioso, invocare e accogliere il bene che viene a noi da Dio (senso discendente), ma anche esprimere lode e riconoscenza a Dio per un bene ricevuto (senso ascendente).
Per la Bibbia l’autore primo di ogni benedizione è Dio che benedice l’uomo e il suo mondo con il dono della sua parola, della sua pace, della sua salvezza. Lo ricorda Paolo all’inizio della lettera agli Efesini: “benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale in Cristo”. Qui l’Apostolo unisce le due benedizioni, quella dell’uomo verso Dio e quella di Dio verso l’uomo. Per il credente la benedizione è sempre una lode a Dio, che è il principio di ogni bene.
Per il cristiano, la benedizione, ascendente o discendente, trova il suo centro in Gesù Cristo e nella sua parola. A partire da questo centro si sono sviluppati nella Chiesa, fin dal suo inizio, riti e formule di benedizione, sia nella ,liturgia, che nella vita quotidiana.
Chiedere una benedizione è fondamentalmente un atto di fede: non è come comprare un portafortuna o il favore divino, ma espressione di una decisione di affidare la nostra vita e il nostro futuro a Dio più che a forze naturali o umane, perché ne derivi un servizio al Vangelo. Benedire una casa manifesta l’impegno a mettere Dio al centro di quella casa e delle relazioni che in essa si sviluppano. La casa, infatti, non sono le mura, ma le persone che vi abitano. Si usa dire che “la benedizione passa sette mura”, ne può passare anche di più di sette, se è richiesta e vissuta come atto di fede che impegna personalmente. Benedire e chiedere una benedizione indica una scelta di vita secondo i valori del Vangelo, che spesso non coincidono con le soddisfazioni abituali. Significa manifestare la certezza che anche nelle sue dimensioni più semplici (cucinare, mangiare, dormire, parlare, pulire) la vita della famiglia è realtà gradita a Dio il quale fa propria la vita quotidiana delle sue creature. Si risponde a Dio benedicente, benedicendolo a propria volta, trasferendo, così, il baricentro della vita da noi stessi a Lui. Accogliere una benedizione è come accogliere una visita gradita e gioiosa, che porta speranza e genera coraggio per affrontare la vita non come sudditi miopi e rassegnati, ma come figli che prendono in mano il mondo, ascoltano le domande che da questo emergono, cercano vie nuove di bene per tutti.

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