Attualità (11-09-2016)

CHIESA APERTA, NON POLEMICA

Di fronte alle situazioni contradditorie della società “liquida”, da molte parti della chiesa si risponde con un atteggiamento polemico, con lo spirito di chi vuol fare la guerra: guerra al mondo che va alla deriva, guerra per difendere la chiesa, le sue istituzioni, le sue tradizioni e i valori da lei predicati. La chiesa accerchiata si chiude su di sé per difendere e attaccare. Una chiesa siffatta è preoccupata più di sé che degli altri, i quali anzi spesso sono i nemici da combattere. Ne consegue che l’adesione alla chiesa deve essere un’adesione “militante” che tende a porre l’alternativa secca “o tutto o niente”, “o con noi o contro di noi”. Una chiesa così è preoccupata di difendere quello che c’è piuttosto che scoprire quello che non c’è perché è altrove, in altri spazi geografici o culturali o perchè è altrove nel tempo, che deve ancora arrivare.

Di fronte a queste tendenze, bisogna tornare a una verità semplicissima e scontata al punto che quasi è dimenticata: la chiesa, chiamata a rispondere alle sollecitazioni del mondo, non deve avere nulla da difendere se non il vangelo. Questa è la premessa indispensabile per vivere fino in fondo uno spirito capace di accogliere.
Il senso di appartenenza alla chiesa è molto diversificato: dai cristiani militanti e impegnati a quelli domenicali, a quelli che vedono con una vaga simpatia la chiesa come l’ultimo bastione che permette di sopravvivere in mezzo a una generale deriva (i “laici devoti”). Queste varie forme di vicinanza alla chiesa sono anche, quasi tutte, forme di distanza da essa. La chiesa che non difende anzitutto se stessa, ma la verità del vangelo e quella dell’uomo, a cui il vangelo è diretto, accoglie tutto e parte da quello che c’è per annunciare la gioia della “bella notizia”.
L’istituzione più dotata per rilevare questa sfida resta la parrocchia. Una buona parrocchia, infatti, non è buona perché ha una linea da imporre, ma piuttosto perchè è capace di dare accoglienza a diversi modi di vivere la fede. Ritorna ancora una volta l’immagine della locanda del buon samaritano (Lc 10,29-37): la casa che accoglie tutti. Proprio perché segnata da questa esigenza di accogliere, la chiesa, e, in essa, la parrocchia, dovrebbe essere il luogo per eccellenza nel quale praticare le forme più disparate di accoglienza e di fratellanza.
Il futuro radioso delle comunità cristiane non è certo quello di comunità forti e potenti, che ostentano sicurezza nella ripetizione delle tradizioni, ma di comunità calorose e comunicative.
Si dice spesso che il futuro è nelle mani di Dio. Ma il futuro della chiesa è nelle mani di Dio se le nostre mani si impegnano a darle, in questo presente nel quale siamo chiamati a vivere, un volto sempre più fraterno e quindi sempre più evangelico.

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