Attualità (10-07-2016)

PER CAMMINARE INSIEME

Se il baricentro è spostato sul metodo, esodo e sinodo, uscire e camminare insieme, allora resterà deluso chi, nelle pagine dell’Amoris Laetitia, cercherà rigide determinazioni. “Noi desidereremmo le regole, scrive il teologo Romano Guardini, ma quanto più le realtà vanno in alto, tanto meno ne hanno”.
E infatti la preoccupazione di papa Francesco non è quella di fornire una serie di norme per risolvere ogni dubbio. Ma di imparare a discernere, senza dimenticare mai che “la realtà supera l’idea” (Evangelii Gaudium 231). Ciò che va evitato è la tentazione di rimanere imprigionati nella mentalità del contratto, della misura stretta, della coperta corta. Che è esattamente una delle ragioni per cui la famiglia è entrata in crisi: ridotta a mero contratto tra individui, essa si preclude la possibilità stessa della sua fioritura.
Nell’Amoris Laetitia papa Francesco dona alla sua chiesa tutto ciò che le serve per camminare.
Prima di tutto, la famiglia va benedetta. Ecco un compito che ci viene consegnato: annunciare la bellezza di un amore che, nei suoi limiti e nelle sue contraddizioni, è capace di accogliere la vita, di perdonare, di chinarsi sul più debole, di attraversare le diverse stagioni della vita. Sì, la famiglia è il luogo dell’evidenza di una verità antropologica fondamentale: noi siamo relazione. Intanto tutti siamo nati da una madre: “Tutti siamo figli. E questo ci riporta sempre al fatto che la vita non ce la siamo data noi, ma l’abbiamo ricevuta. Il grande dono della vita è il primo regalo che abbiamo ricevuto” (n. 188).
E poi nella famiglia si costituisce quel complesso di relazioni interpersonali, nuzialità, paternità-maternità, filiazione, fraternità, mediante il quale ogni persona umana è introdotta nella famiglia umana e nella famiglia di Dio che è la chiesa (Relazione finale del Sinodo 2015, 44). Relazioni che si allargano anche fuori (la famiglia feconda è “larga” 182,184) e non sono mai simmetriche, ma sempre strutturalmente “impari”. Dove la differenza non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione (Relazione finale del Sinodo 2015, 49).
In secondo luogo, occorre imparare a vedere il buono che c’è, anche se imperfetto, per farlo crescere. Preoccuparsi di portare a compimento ciò che ancora deve compiersi, piuttosto che pretendere che la realtà corrisponda all’idea. Perché la famiglia è una realtà viva, un percorso avventuroso, controcorrente rispetto al mondo intorno (n.111).

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